Dopo Silvia Romano, chi sarà il prossimo?

Se non vogliamo fermare le tastiere, proviamo a pensare che i prossimi potremmo essere noi.

Quello che è accaduto a Silvia Romano ci riguarda tutti. Si può discutere e chiacchierare, come hanno fatto tanti, se sia stata costretta, cosa possa passare nella mente di una giovane ragazza in quei momenti, restare perplessi per le sue scelte e se sia giusto pagare un riscatto a dei terroristi. STOP!

L’ironia e la cattiveria di questi giorni sono andati però oltre. Dar vita a uno tsunami di commenti, post e fake news (come quella che si era legata a un terrorista, sposata o incinta) è un incitamento all’odio. È diseducativo. È un problema immenso per chi ha dei figli, soprattutto per chi li ha e non se ne accorge.

Ed ora, cosa resta? Chi sarà il prossimo? Un tossico? Un evasore fiscale? Una ragazza di facili costumi che “però se va in giro in quel modo”? Certo, fosse un immigrato che compie un reato quello farebbe felici molti, creerebbe una solidarietà e un senso di comunità da difendere. Un senso di apparente unità. Unità che finisce quando a salire sul banco degli imputati siamo noi o è un amico. Allora cambia tutto.

La mancanza, o la scomparsa, di empatia secondo molti psichiatri fu uno dei fattori che portarono alla nascita del nazismo (e dello stalinismo). Il non avere più il senso delle proporzioni, la confusione di certi fenomeni con altri e soprattutto il valore umano perduto in un vortice di rabbia collettiva hanno creato i mostri peggiori che l’umanità abbia mai conosciuto.

Io non sono buonista, né tanto meno moralista, anzi. Ma varcare in continuazione certi limiti porta in territori inesplorati, almeno dalla mia generazione.

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